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apprendisti pittori

Nelle grandi botteghe come quelle di Andrea del Sarto, maestro di Pontormo, Rosso Fiorentino, Giorgio Vasari e moltissimi altri, lavoravano decine di apprendisti, assistenti e collaboratori dagli otto/dieci anni in su a seconda delle regole delle varie associazioni di pittori e non solo in Italia. Poichè le bambine restavano in casa le poche che riuscivano a dipingere e frequentare botteghe erano figlie di artisti come Artemisia Gentileschi o prima ancora Lavinia Fontana, anche quest’ultima bravissima. Pieter Paul Rubens è arrivato ad avere una trentina e più di lavoranti quando il massimo stabilito ad Anversa era di quattordici persone: uno dei suoi più noti allievi è stato Antoon van Dyck (quello del colore viola ovvero un marrone carico di rosso e una punta di blu) che è arrivato a realizzare opere quasi interamente eppure firmate Rubens. A Wittenberg, Lucas Cranach dirigeva una vera e propria fabbrica con decine e decine di lavori in asciugatura e altre decine in divenire. A Roma il Cavalier d’Arpino tra i vari aveva Caravaggio che faceva sfondi architettonici e dettagli di nature morte, Raffaello al contrario nei suoi dipinti più tardi faceva gli sfondi mentre le figure in primo piano erano di Giulio Romano; un aneddoto racconta che il Verrocchio smise di dipingere e tornò alla scultura quando il suo allievo Leonardo realizzò un’unica figura in un gruppo, un angelo, nel ‘battesimo di Cristo’. Insomma l’immagine romantica dell’artista solitario era sconosciuto nel XV-XVI-XVII secolo: perfino Michelangelo che solitario lo era davvero si separava raramente da Daniele da Volterra e tuttavia durante i lavori alla Sistina qualcuno doveva esserci a miscelare colori, procurare pennelli, portare da mangiare.

Andrea del Verrocchio - Battesimo di Cristo (particolare degli angeli, a sinistra quello di Leonardo) 1470/1475

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