Il ritratto di Pablo de Valladolid, attore di corte, è un dipinto di Diego Velázquez dove il soggetto è interamente vestito di nero - tranne una ‘golilla’ cioè una gorgiera in cartone rivestita di taffeta che rimaneva rigida per mesi utilizzata a corte per risparmiare sull’amido in tempi di tracollo dell’economia spagnola - colto mentre in uno spazio indefinito, fa il suo mestiere. Mestiere che nei resoconti dell’opera in cataloghi ed inventari varia da ‘buffone’ a ‘giullare’ visto che operava - come il pittore - nella stessa corte: in fondo chi intestava il titolo rifletteva il proprio punto di vista. Di certo Velázquez lo ritrae in omaggio alla sua esibizione, la professione di Pablo de Valladolid non poteva certo permettersi tale commessa.
Chi ha visto dal vero un quadro di Velázquez è al corrente della magia della sua pittura “a macchie distanti” e pochi segni quindi l’incredibile differenza tra vederlo da lontano e da vicino. Quando Édouard Manet lo vide al Prado il dipinto si intitolava ‘Ritratto di un attore famoso alla corte di Filippo IV’ e scrive ad un amico che “questo è il dipinto più stupefacente mai eseguito. Lo sfondo scompare. Il soggetto è circondato d’aria.” E al ritorno a Parigi dipinge a sua volta un quadro chiaramente ispirato a Velázquez, intitolandolo ‘L’attore tragico’ nello stesso spazio vuoto e che ritrae l’attore francese Rouvière - credo proprio di non sbagliarmi - nel ruolo di Amleto.
Diego Velázquez - Pablo de Valladolid, 1635 / Édouard Manet - L'acteur tragique, 1866 |
Commenti