Qualche anno dopo il “Sacco di Roma” il papa Clemente VII della famiglia de' Medici era intento al lungo patteggiare con l’imperatore invasore Carlo V degli Asburgo - uno che diceva di parlare 4 lingue e nell’ordine: lo spagnolo con Dio, il francese con gli uomini, l’italiano con le donne e il tedesco con il cavallo - e la città ancora invasa dai lanzichenecchi (quelli veri) per gli artisti rimasti, disoccupati o ridotti alla fame, si aprì la possibilità di ottenere un lavoro a 'reddito stabile' quello chiamato “frate del piombo” proprio presso la Curia. Un lavoro retribuito molto bene con una rendita annuale che consisteva nel mettere un sigillo, insomma un timbro, per garantire l’autenticità dei documenti papali. Si presentarono come candidati il ventenne Giorgio Vasari pittore ma non ancora architetto e più tardi scrittore, lo scultore trentenne dalla ‘vita spericolata’ (altro che Caravaggio) Benvenuto Cellini scartato immediatamente dal Papa - gli disse, è documentato, che se gli avesse dato quella paga si sarebbe ‘grattato’ tutto il giorno e non avrebbe più lavorato - il poco più che quarantenne Giovanni da Udine talentuoso assistente di Raffaello (ormai morto da un decennio) e infine un pittore veneziano, ‘cronicamente al verde’ dice uno storico, di poco più grande ma sposato e con prole - Sebastiano Luciani - che vinse il ‘concorso’. Ovviamente come recita il tipo di impiego Sebastiano prese gli ordini religiosi e da quel momento diventò Sebastiano del Piombo.
Sebastiano del Piombo - Salomè, Figlia di Erodiade (o Giuditta?), 1510 |
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