Nell’ultimo film della Marvel con il Dottor Strange/Benedict Cumberbatch che finito il decennio dell’Infinity War ha già iniziato il successivo quello del Multiverso, Sam Raimi - regista che torna ai super-eroi dopo la bella trilogia di Spider-Man post 11 settembre quella con Tobey Maguire/Kirsten Dunst - e il musicista Danny Elfman inventano una inedita e spettacolare battaglia sonora a colpi di note e strumenti musicali che risponde con leggerezza - alla Italo Calvino - ad un momento drammatico del film. Dalla battaglia musicale mi è venuto in mente Alex il personaggio di Anthony Burgess in ‘Arancia meccanica’ che in piena notte a casa dei genitori e nella sua stanza ascolta ad altissimo volume - prima di Mozart e poi Bach - un nuovo concerto per violino dell’americano Geoffrey Plautus, eseguito da Odysseus Choerilos con la Filarmonica di Macon: “I tromboni hanno scricchiolato rossastri e dorati sotto il letto, e dietro al mio gulliver (in gergo la testa) le trombe hanno fiammeggiato argentate per tre volte, e lí accanto alla porta i timpani mi hanno sbudellato le viscere per crepitare nuovamente come un tuono di zucchero”(…) sono alcuni dei suoi lunghi commenti - stile ‘Ulisse’ di James Joyce - all’ascolto dopo aver compiuto poco prima almeno un paio di violentissime scorribande in città. L’arte o la cultura in genere “non ha nessuna funzione né di guarigione e né di sviluppare malattie mentali nel fruitore" - dice ad esempio Achille Bonito Oliva - quindi non si migliora come si potrebbe a volte immaginare altrimenti gli addetti ai Musei Capitolini, per dirne una, sarebbero dei santi.
Mi è ricapitato fra le mani “La camera chiara” di Barthes, sottotitolo “nota sulla fotografia” che poi è una elaborazione del lutto della madre partendo da una foto che peraltro non è inserita nel libro e mi è tornata alla mente una foto della mia, di madre, e una volta digitalizzata mi accorgo che era incinta (di mio fratello che sarebbe nato qualche mese più in là, l’anno dopo - io non ero ancora in progetto): quindi è il 1953 e aveva 23 anni. La fotografia analogica è un oggetto, si conserva e invecchia, aveva ragione lui, Roland.
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