Per mia esperienza - che è un dato per niente attendibile - ho notato che di pittura - oddio passando ad altro e in parallelo molti giornalisti sportivi professionisti titolano medaglie d’oro di nuoto dorso scambiandole con la rana mentre i più, che dovrebbero sapere di calcio peggio ancora, non vanno oltre il rozzo tifo della propria squadra - quindi, dicevo, di arte poco si è studiato quindi poco si sa - figuriamoci poi gli oggetti non tangibili come le regie teatrali di Giorgio Strehler - ma soprattutto i gusti sono gusti, e qui ci si dovrebbe fermare ma, continuando invece, al massimo si arriva a Caravaggio anche se non si sa bene come collocarlo oltre la vaga biografia da maledetto, da adulti si passa direttamente a un’estatica ammirazione per qualche impressionista francese poi qualcosina su Van Gogh ringraziando film anche recenti poi le magliette a righe del comunque inarrivabile Picasso, fino ad arrivare ai contemporanei intesi come simultaneità di vita cioè l’amore incondizionato verso l’eroe Banksy, disprezzo per Damien Hirst inguardabili quei quarti di bue o altre specie animali in formaldeide, bocca aperta, se si è andati inaspettatamente oltre, sulla copiosa opera omnia del venerato maestro Anselm Kiefer finale con burla si ride con Maurizio Cattelan a conferma, poveri noi, che tutto è andato definitivamente in vacca: pare che ITsArt sia l’ennesimo flop.
Comunque mi è capitato di vedere, dal vivo non in pixel, Piet Mondrian che è la sintesi, è il caso di dire, non solo pittorica, dell’arte del ‘900. Nato quasi 10 anni prima di Pablo Picasso, quindi - artisticamente - una generazione precedente, all'inizio fa il paesaggista, dicono con un certo successo, poi guarda e si lascia andare a tutto quello che succede, e ne succedono di cose dal post-impressionismo in poi - alcuni nomi per capirci - dal fondamentale Cézanne che mette insieme macchie forma e materia, il simbolismo di Gauguin figure esotiche su fondi piatti, la chimica divisione del colore di Seurat, colori invece accesi su composizioni bidimensionali come fanno i Fauve tra cui Matisse e poi la scomposizione dinamica dei futuristi di Boccioni, le due fasi cubiste - analitica e sintetica - di Braque e, già nominato, Picasso, la visione del mondo soggettiva e drammatica di espressionisti come Kirchner e la conseguente post-bellica Nuova Oggettività con Otto Dix, il discorso Dada tipo Duchamp che continua, anche questo, nell’esperienza surrealista, a scelta, di Max Ernst o Mirò o Magritte, la reazione Metafisica con la Ferrara insieme vecchia e nuova con de Chirico e il post-raffaellita Novecento degli italiani tra Scuola Romana e Realismo Magico, addirittura le prime poetiche dell’astratto e dell’informale insomma - per concludere - in età matura compie il sorpasso con quelle tavole perfettamente bilanciate spazi riempiti di colori primari e i percorsi di linee nere su fondo bianco. Alla ricerca dell’equilibrio - o della composizione - ideale.
Mi è ricapitato fra le mani “La camera chiara” di Barthes, sottotitolo “nota sulla fotografia” che poi è una elaborazione del lutto della madre partendo da una foto che peraltro non è inserita nel libro e mi è tornata alla mente una foto della mia, di madre, e una volta digitalizzata mi accorgo che era incinta (di mio fratello che sarebbe nato qualche mese più in là, l’anno dopo - io non ero ancora in progetto): quindi è il 1953 e aveva 23 anni. La fotografia analogica è un oggetto, si conserva e invecchia, aveva ragione lui, Roland.
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